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Frate Indovino

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Un luogo dove siamo invitati a considerare i poveri ospiti d’onore

25 luglio 2024
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In questa nuova puntata facciamo la conoscenza di fr. Andrea Gatto, tra i redattori di “Frate Indovino”, che da Assisi si sposta a Perugia per prestare servizio volontario, una volta a settimana, presso la nostra struttura…

Fr. Andrea, raccontaci un po’ di te…

Volentieri! Sono cresciuto in Sicilia e sono un frate cappuccino che ha il privilegio di vivere ad Assisi. Intorno ai 25 anni ho compreso, con grande stupore, che ero stato chiamato a fare il viaggio della mia vita con Dio, quel Dio di Nazaret che ha vissuto da uomo e che nel dare la vita è rimasto vivo! Lo cercavo da sempre, in fondo, da sempre fiutavo le tracce di una vita che non muore, ma le seguivo dove non si facevano trovare. Poi un vuoto improvviso pieno di dolore, e lì l’intuizione di uno sguardo che si posava teneramente sulla mia vita, che rispondeva alla mia fame d’amore, perché altro non avevo che una fame cronica di amore. Quello sguardo è stato la risposta di Dio che ha innescato il viaggio! Cominciavano ad affiancarmi alcuni avventurieri simili a me, e alcune sentinelle che mi hanno indicato la strada. Per ognuno di loro non basterebbero mille parole di gratitudine. Il poco che posso raccontare di me è il tanto di Dio.

Nelle tue giornate in Caritas, a che attività ti dedichi?
Vengo alla Caritas ogni mercoledì mattina – per non molte ore a dire il vero! – perché poi al pomeriggio devo correre a lezione di diritto canonico! Siamo tre frati: oltre me, fr. Gabriele e fr. Emilio (terza foto). Volontari tra i volontari, remiamo insieme su questa scialuppa di salvataggio. La nostra presenza di fratelli cerca di essere un segno di una presenza più grande, in primis quella di Dio, che continua a prendersi cura di ogni uomo, come pure della presenza dei cappuccini in questo luogo, che qui hanno abitato per anni spartendo la loro vita con la gente. L’amore ha molte declinazioni, così come molte sono le necessità a cui l’opera Caritas fa fronte. Di volta in volta noi frati ci accostiamo agli operatori dove serve.
In questo anno di servizio ho dato una mano in cucina e alla mensa nella distribuzione dei pasti, fr. Emilio si è speso nel servizio dell’emporio Tabgha, fr. Gabriele ha affiancato lo sportello di ascolto. C’è sempre fame, di cibo o di relazioni, e questa fame esige di essere saziata. Il Signore ci chiede di dare noi stessi da mangiare, di condividere quel che abbiamo ma anche quello che siamo.

Che cosa vuol dire “servizio” per un cappuccino?
Francesco non spreca parole su questo: vivere secondo la forma del vangelo di Gesù. Mi ricordo della risposta chiara che Giovanni Falcone diede a chi gli domandava che cosa lo spingesse a rischiare la vita per la sua missione: lo spirito di servizio. Tanto più questo vale per un francescano, che promette di vivere nello spirito di quel Dio che si è fatto servo dell’uomo, che si è addossato ogni umiliazione, ascoltando ogni bisogno, provvedendo con le sue stesse mani. Quello che vorrei imparare a fare con i miei fratelli non è tanto di mettermi “nei panni” dei poveri, ma di essere un povero io stesso. Se riconosco di avere io, sempre, bisogno di un altro per vivere, allora posso cominciare a servire chiunque grida quel bisogno, e a farlo non per finta.

E nello specifico, cosa significa per te il servizio alla mensa don Gualtiero?
Lo vedo come un invito solenne del Signore a sedere fin d’ora alla sua tavola, quella a cui i poveri sono sempre ospiti d’onore. Quando entri nella sala della mensa, la prima cosa che vedi sulla parete è una tela in cui Gesù dà il suo pane agli affamati. La sua schiena è curva in modo eccessivo, come se il suo corpo nella storia si sia “deformato” al punto da restare per sempre piegato. Desidero vedermi in quel prolungamento della sua schiena.
Qui a Perugia tra i volontari, poi, si sente ripetere spesso un motto: «Il bene, fallo bene!». Questo è quello che impariamo qui: l’arte del bene.

Qual è la cosa più bella che hai vissuto attraverso la mensa in Caritas?
La cosa più bella per me è il caffè di Faqir. Questo ragazzo musulmano arriva qui dalla sua giornata di lavoro e il suo primo pensiero, con le sue monetine, è di andare alla macchinetta del caffè e offrire il caffè ai volontari, anche se non lo vogliono! C’è un’ostinazione in quel dono, che mi commuove ed è una grande lezione di vita per me.

Come coniughi lo studio, il servizio e il tuo essere parte della redazione di Frate Indovino?
Li coniugo al presente! Cerco di esserci a ogni appuntamento. Il mio presente è innanzitutto dedicato agli studi, ma la grande chance di essere parte della Caritas e parte della redazione di Frate Indovino è che i miei studi così non possono staccarsi mai dalla vita.

Qualche curiosità: il tuo piatto preferito, e quello di cui faresti anche a meno…
Il mio piatto preferito, da isolano impenitente, sono gli spaghetti allo scoglio. Farei volentieri a meno delle frattaglie, non riesco neanche a guardarle!

di Don Marco Briziarelli

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