Come tutti sappiamo san Francesco d’Assisi era assai scrupoloso nell’osservare “Madonna povertà”, ma quando c’era qualche frate malato per lui si poteva derogare alla norma. Per essi, ad esempio, si poteva ricevere denaro o cibi particolari e, non potendo camminare, potevano usare cavalcature. Al riguardo usa espressioni molto intense: “Se un frate cadrà ammalato, ovunque si trovi, gli altri frati non lo lascino senza avere prima incaricato un frate, o più se sarà necessario, che lo servano come vorrebbero essere serviti essi stessi; però in caso di estrema necessità, lo possono affidare a qualche persona che debba assisterlo nella sua infermità” (Regola non bollata cap. X: FF 34).
Questo modo di prendersi cura dei confratelli ammalati ha sempre caratterizzato i rapporti tra frati e, per tale motivo, anche nei conventi, come c’erano già nei monasteri, nacquero le infermerie, cioè degli ambienti dedicati ai frati infermi, dove c’erano maggiori comodità. Ad esempio, potevano stare esposte a mezzogiorno in luoghi freddi, avevano una cappella interna per evitare di dover scendere in chiesa e spesso una finestrella che guardava l’altare maggiore, a volte forme di riscaldamento, nelle strutture più grandi una medicheria e una cucina a parte, uno o più confratelli destinati al servizio degli ammalati.
Le infermerie conventuali erano riservate quasi esclusivamente ai frati, ma i medicamenti che vi si confezionavano erano a disposizione di tutti e, spesso, si portavano fuori agli ammalati o erano ricercati dalla gente. Esse, poi, nei secoli delle rivoluzioni e persecuzioni furono protagoniste di vari eventi: quella di Roma permise ad alcuni frati di rimanere in convento, perché il Governo italiano ne fece un punto di riferimento per i religiosi ammalati della città; quella di Venezia, alla Giudecca, aveva una farmacia fornitissima di strumenti che fu salvata nascondendone la porta dietro balle di fieno; a Città di Castello, invece, ci fu un episodio più triste, quello riguardante tre frati anziani e malati che non potendo scappare furono uccisi dai soldati francesi nei loro letti.
Fino agli anni ’60-’70 del Novecento i frati chiedevano spontaneamente di andare in infermeria quando erano vecchi o si sentivano tali: sorprende, infatti, la loro età oscillante tra i sessanta e i settant’anni. Poi essa ha cominciato a far paura, la vita si è allungata e i frati, salvo particolari eccezioni, vi vanno quando non possono più essere seguiti nei conventi dove vivono. I frati infermi, comunque, hanno sempre dato una mano nelle chiese conventuali accogliendo la gente, confessandola e andando a visitare gli ammalati dei dintorni. Ai frati infermi san Francesco offre un particolare insegnamento: “E prego il frate infermo di rendere grazie di tutto al Creatore; e che quale lo vuole il Signore, tale desideri di essere, sano o malato, poiché tutti coloro che Dio ha preordinato alla vita eterna, li educa con i richiami stimolanti dei flagelli e delle infermità e con lo spirito di compunzione, così come dice il Signore: «Io quelli che amo, li correggo e li castigo». Se invece si turberà e si adirerà contro Dio e contro i frati, ovvero chiederà con insistenza medicine, desiderando troppo di liberare la carne che presto dovrà morire, e che è nemica dell’anima, questo gli viene dal maligno ed egli è uomo carnale, e non sembra essere un frate, poiché ama più il corpo che l’anima” (Regola non bollata cap. X: FF 35).
Si tratta di parole esigenti, che ci aiutano a vivere la malattia con serenità e fiducia in Dio e senza gravare troppo sugli altri. Tra le figure da ricordare ci sono i frati infermieri: sono stati e sono ancora loro l’anima delle infermerie, le mamme e i papà che si prendono cura dei confratelli ammalati con un carico di lavoro non indifferente, nonostante le migliorie del mondo di oggi.
Tra questi ci sono stati vari santi come, ad esempio, Crispino da Viterbo, Geremia da Valacchia, Bernardo da Offida. Gli infermieri dovevano essere al contempo teneri e fermi, per evitare che i malati trascurassero le terapie o si lasciassero andare. Ne ho conosciuti due che da soli, grazie alla loro fermezza, assistevano una decina di confratelli. L’esperienza li portava a escogitare stratagemmi, che forse oggi potrebbero sembrare rudi, ma che erano utilissimi per gli ammalati. Le infermerie, insomma, sono un mondo particolare, un convento nel convento; sono diverse dalle case di riposo, perché la vita del frate scorre, a seconda delle condizioni generali dei confratelli ospitati, normalmente, ma in uno spazio più comodo ed idoneo.