Nel XXIV canto del Paradiso, Dante incontra S. Pietro e a lui, che lo interroga sul tema della fede, il sommo vate risponde: è sustanza, ovvero la realtà più profonda e vera, delle speranze dell’uomo. E come Dante incontrava S. Pietro, così Frate Indovino ha incontrato Roma, alla Fiera nazionale della piccola e media editoria, Più libri più liberi, il 7 dicembre 2024. Questo verso di Dante è stato fatto risuonare da Eraldo Affinati, scrittore già vincitore del Premio Selezione Campiello e maestro di italiano ai migranti, che nello spazio di questa battuta, ha espresso il senso autentico dell’attività del calendario di Frate Indovino, che ormai da 80 anni “indovina” le speranze degli uomini, con le sue pagine di parole buone.
Una parola buona! Parole buone erano quello di cui l’Italia aveva bisogno sul finire della seconda guerra mondiale, quando fra Mariangelo da Cerqueto cominciò a pensare e poi a divulgare il primo almanacco, ed è ancora quello che oggi, come ieri, la gente sente mancare, in mezzo alle guerre attuali.
A esprimere la voce dei frati, fra Carlo Maria Chistolini che ha dialogato con il giornalista Paolo Balduzzi, Eraldo Affinati e il fantasista Max Paiella, che con la sua versatile arte del pennarello ha contrappuntato questo incontro.
Nel III capitolo della nostra regola, Francesco non incoraggiava i suoi fratelli a usare molti libri, perché meno libri avrebbero protetto i frati (quelli che sapevano leggere) dalla tentazione di credersi superiori agli altri. Ma oggi, nella mediocrità del nostro Tecnoevo, più libri non significa certo correre il rischio di essere spocchiosi, ma semmai sprona a essere più umili, più disposti ad ascoltare la voce degli altri, in un’epoca di trappole ideologiche, di prepotenza tecnologica e varie altre schiavitù.
No. Francesco voleva che i suoi fratelli fossero uomini liberi, e non avrebbe esitato a venire qui, forse in punta di piedi, ma certo curioso di vagabondare tra gli espositori, poeta lui stesso e tra i primi autori della letteratura italiana con il suo Cantico delle creature (che presto maturerà 800 anni di storia).
Il racconto della nostra storia si incontra con il racconto di altri. Frate Indovino fa ancora cultura, perché ha a cuore di coltivare e dare valore alle storie di tutti, attraversando con l’uomo del nostro tempo le stagioni del suo anno civile, con il giusto equipaggiamento di parole e illustrazioni. Il computo dei giorni (raccontare, in fondo, viene da computare), diviene così, pagina dopo pagina, il racconto di un’intera nazione. Da questo zibaldone di notizie e sapienti consigli, poi, non nasce solo un calendario ma anche le pubblicazioni di Edizioni Frate Indovino, che con oltre 250 titoli fa capolino nel panorama editoriale italiano per offrire ai lettori uno sguardo semplice e attento sulle «cose sperate» dell’uomo, attraverso libri leggeri di pagine ma saporosi.
Un episodio delle pagine della letteratura del dopoguerra ce lo consegna Fra Carlo a chiusura di questo appuntamento. Evocando un capitolo commovente di Se questo è un uomo di Primo Levi, fra Carlo ritesse il filo del discorso: nella desolazione del campo di concentramento, nel tempo limite di un’ora di duro lavoro, Primo accetta la sfida di insegnare la lingua italiana a Pikolo, un giovane alsaziano desideroso di apprenderla. Sarà ancora Dante, stavolta con il canto di Ulisse, a fare da maestro. La cultura ci fa bene, fa bene a chi la riceve e a chi la dona. Nel momento drammatico di quella storia, in cui Primo e Pikolo fronteggiano la catastrofe dell’olocausto, la letteratura innesta il germoglio della memoria, del senso di appartenere a una umanità ancora capace di cura e condivisione. E questa è anche la vocazione dell’almanacco e dell’impegno della nuova generazione di fratindovini che impegnano il proprio entusiasmo in questo progetto.