Il male ha i giorni contati
Caro padre Raniero Cantalamessa,
sono un vecchio abbonato di Frate Indovino e le pagine del vostro mensile mi fanno una grande compagnia. Ma guardo anche molta televisione e spesso mi spavento. Ascolto tante di quelle notizie negative, dalle tragedie ai fatti di cronaca più terribili, e non vedo vie d’uscita. È vero che tanti, troppi programmi danno la maggior parte dello spazio a un tipo d’informazione che insiste su aggressioni, incidenti, attentati, guerre… per fare più ascolto. Però non possiamo nascondere il fatto che il male esiste, è intorno a noi e dilaga. Mentre il bene, quando c’è e viene raccontato, sembra sempre un’eccezione, qualcosa di occasionale e marginale. Mi farebbe felice se lei potesse svolgere una sua riflessione su queste mie semplici considerazioni.
Grazie.
Caro lettore,
sarai contento di sapere che questa volta la risposta non te la do io, che sono smarrito come te davanti allo spettacolo quotidiano di fatti orribili. Te la da Gesù. Ricordi la parabola della zizzania e del buon grano nel vangelo di Matteo al capitolo 13? Rileggendola vi possiamo trovare la risposta ultima alla domanda che ci angoscia. Il male esiste, anzi esso straripa intorno a noi. Lasciamo da parte per il momento la sofferenza che non dipende dall’uomo, quella provocata da disastri naturali: terremoti, inondazioni e altri cataclismi. Qui la spiegazione ci porterebbe su un terreno filosofico poco familiare alla maggioranza dei lettori di Frate Indovino e cioè su una certa “libertà” che Dio ha lasciato alla natura di svilupparsi secondo le proprie leggi, e che comporta a volte “incidenti di percorso” o “effetti secondari” dolorosi per l’uomo. Si tratta, naturalmente, di una libertà diversa da quella di cui è dotato l’uomo, che non comporta responsabilità morale come invece la cattiveria dell’uomo. Occupiamoci invece della sofferenza che gli uomini si procurano a vicenda che è quella che più ci fa inorridire: guerre, uccisioni (troppo spesso di donne da parte degli uomini), oppressione dei deboli, tradimenti… Quasi sempre alla radice di questi mali c’è uno dei tre grandi idoli del mondo: il denaro, il sesso e il potere, senza parlare del regista che da dietro le quinte muove tutti i fili. Nella parabola della zizzania, Gesù lo chiama “il Nemico”, e sappiamo di chi parla.
Che fare dunque? Rassegnarsi o perdersi in sterili lamentazioni “sui tempi che corrono”?
Non vale la pena, anche perché i tempi che corrono non sono, nel male, diversi e più originali dei tempi passati. Ci sembrano diversi e peggiori perché sono quelli che conosciamo per esperienza, che ci toccano da vicino, e anche perché i mezzi moderni di comunicazione ci mettono ogni giorno in contatto, in tempo reale, con tutti gli orrori che sono avvenuti in giornata nel mondo, cosa che non avveniva fino a non più di settant’anni fa quando sì e no c’era una rudimentale radio in tutto un paese. La parabola di Gesù ci ricorda quello che deve fare il discepolo di Cristo in questa situazione. Anzitutto non perdere la fede. Arriverà il tempo della mietitura, ci sarà un giudizio; il male, tutto il male fisico e morale, ha i giorni contati; il bene invece resterà per sempre, sarà come il buon grano della parabola che viene riposto nei granai del cielo. «I cattivi, diceva sant’Agostino, esistono nel mondo perché si convertano o perché i buoni, a causa loro, esercitino la pazienza». Parabola per parabola, voglio raccontartene una anch’io. Due muli tornavano dal mercato con il loro padrone. Uno era carico di spugne e l’altro di sale. Quello caricato di spugne trotterellava leggero avanti e indietro e sembrava beffarsi del compagno che avanzava sudando sotto il carico del sale. Arrivano a un torrente ed entrano nell’acqua. Le spugne si riempiono d’acqua e il mulo che le portava finisce per essere travolto e affogare; quello carico di sale sente il sale sciogliersi rapidamente nell’acqua e con un balzo è sull’altra riva. I malvagi a cui tutto sembra arridere nella vita sono muli carichi di spugne; i buoni che spesso sono le vittime innocenti della malvagità, sono come i muli carichi di sale. Tutto il male che hanno ricevuto o sopportato finirà con la morte e si ritroveranno all’“altra riva”, dove – dice l’Apocalisse – «non ci sarà più né pianto, né dolore, né morte» perché Dio farà nuove tutte le cose.