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SPORT GIOCO E DISABILITÀ

25 luglio 2024
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Un’opportunità per stare insieme, per creare momenti di amicizia, di condivisione e di gioia

Migliorare le qualità fisiche, potenziare gli aspetti cognitivi e psichici, sviluppare competenze socio-relazionali sono tra le cose indicate principalmente come benefici nella molta letteratura dedicata alla pratica dello sport delle persone con disabilità. Ma c’è molto di più…

Ascoltare il racconto di Silvia è stato aprire la porta su un mondo che è molto più grande di quanto non si possa immaginare.

Silvia è la mamma di Sofia e ci racconta che: La disabilità di Sofia deriva da una trombosi, causata da un’infezione, dopo la nascita…Sofia è un miracolo, aveva l’1% di possibilità di rimanere in vita e ce l’ha fatta… doveva ancora dire tante cose al mondo prima di tornare in cielo.

Con Silvia abbiamo cercato di esplorare l’importanza del gioco e dello sport per Sofia e per chi come lei ha delle esigenze speciali per potersi muovere.

Ho sempre creduto nell’attività di gruppo
esordisce Silvia – anche se è vero che lo sport individuale può dare l’opportunità di confrontarsi coi propri limiti, per un discorso di salute e benessere. Ma ho sempre lavorato sulla condivisione di momenti di gioco e sport in gruppo.
Nel mio concetto di gioco, sport e condivisione preferisco le dinamiche in cui si vince tutti, si parte insieme e si arriva insieme.

Vuol dire che non sei d’accordo con l’agonismo?
Diciamo che il non agonistico è quello che preferisco, non perché l’agonismo sia brutto perché, se non è finalizzato a distruggere l’altro, agonismo vuol dire migliorare sé stessi, e allora ha un’accezione positiva. Ma penso si possa lavorare sulla competizione in maniere differenti, non necessariamente tra persone, per esempio con il tempo.

Spiegaci meglio…
Cercando di diminuire il tempo di percorrenza o di attuazione di un percorso per esempio, in questo caso si compete col tempo e non con un’altra persona.  
Il gioco e lo sport sono canali preferenziali attraverso i quali instaurare amicizie relazioni conoscenze e quindi sono fondamentali nelle relazioni umane, e nel gioco cooperativo che per me rappresenta le fondamenta dello stare insieme in piena libertà, non esiste l’ansia da prestazione o la pressione delle aspettative. Tutto è leggerezza e bellezza da condividere insieme.

Secondo te la pratica di uno sport può sottolineare i propri limiti?
Dipende dal punto di vista. Se lo guardiamo dalla nostra ottica quello che in alcuni contesti può esser visto come una fragilità diventa per noi il fulcro del contesto per raggiungere l’obbiettivo.
Per esempio in una attività che abbiamo fatto era richiesto di far avanzare un tappetino sino ad un traguardo previsto, sfruttando il peso del proprio corpo, lì sono stati avvantaggiati i ragazzi più cicciottelli rispetto a quelli più magri perché il loro peso dava più forza di spinta. Quindi essere cicciottelli, che spesso può esser visto come un limite in quel contesto invece è stato un vantaggio. Questo per dire che si possono trovare, attraverso la creatività, dei percorsi per uscire dai pregiudizi, e fare in modo che, di volta in volta, tutti abbiano l’opportunità di emergere grazie alle proprie caratteristiche.


Quali sport ha praticato Sofia?
Negli anni abbiamo sperimentato il trekking grazie ad ausili che ci consentono di muoverci lungo i sentieri. I ragazzi con problematiche visive o motorie riescono a fare l’esperienza anche con l’aiuto del gruppo che si mette insieme e aiuta. Questo è uno degli esempi in cui l’impatto emotivo, psicologico e anche sociale è fortissimo, in cui si sperimenta per davvero che l’unità fa la forza.

Abbiamo fatto anche il Baskin che è uno degli sport più inclusivi che conosco.
A Baskin giocano ragazzi con disabilità anche gravi: cognitive come l’autismo, sensoriali come la cecità o motorie.  È uno sport che riesce a coinvolgere persone con le difficoltà più varie grazie ai supporti tecnologici, come per esempio i sensori sonori che fanno percepire il canestro ai non vedenti, ma è anche uno sport che dà valore alle difficoltà individuali, perché un canestro fatto da Sofia vale di più rispetto a quello fatto da un normodotato, quindi anche a livello motivazionale funziona.

Il podismo è un’altra pratica dove il gruppo è fondamentale. È realizzata grazie a spingitori professionisti. I ragazzi si divertono tantissimo, sperimentano il vento sulla faccia, il sostegno del pubblico …si sentono veramente degli atleti, degli “eroi”, la gente si riunisce e ci sostiene anche se non viene apposta per le gare, tutto questo dà gioia e dimostra che anche nelle difficoltà c’è bellezza.  

Un altro sport è la bicicletta, ci serviamo di bici strutturate per accogliere le carrozzelle o che hanno un sedile anteriore speciale per poter far sedere la persona con disabilità. Anche qui siamo insieme tutti.

C’è uno sport che consiglieresti più di un altro?
No, non credo ci sia un’esperienza sportiva più bella rispetto ad altre, perché tutte convogliano nell’opportunità di stare insieme, di creare momenti di amicizia, di condivisione e di gioia.  Questo per me è il punto che unisce tutti gli sport. Poi è chiaro le difficoltà ci sono, e sono importanti, ma fortunatamente ci sono gli ausili specifici e là dove non ci sono li possiamo inventare. È il desiderio che ci ha portato a realizzare ogni cosa, il desiderio di fare qualcosa che poi ci porta a trovare il modo per poterlo realizzare.  

Sofia pratica trekking, baskin, podismo ed è anche una scout, è una lupetta e il prossimo anno passerà in reparto.
Sofia ha una tetraparesi spastico distonica, è sorda e ha problemi visivi, ma cognitivamente è presente, ci dice Silvia, è con noi e si fa capire malgrado il suo corpo le impedisca movimenti e verbalizzazione… comunica diversamente.

La gioia e la positività di Silvia sono commoventi e contagiosi, mi dice che: è tutto merito dei miei figli, oltre a Sofia, gemella di Andrea di 13 anni, c’è anche Filippo che di anni ne ha 21, e del mio meraviglioso marito, Massimiliano, che mi accompagna in tutte le pazzie che mi vengono in mente.
Loro mi hanno insegnato ad avere cura, accompagnare e non possedere. Mi hanno insegnato a donare la mia vita e non sacrificarla, mi hanno insegnato la loro gioia e la mia.
Grazie a loro ho imparato ad amare veramente anche quelli che incontro nella mia vita...mi hanno educato…mi hanno fatta venire fuori dando un senso vero alla mia vita e mi hanno insegnato cos' è AMORE...

Parafrasando quanto ho letto su un video realizzato con immagini di Sofia: la sua famiglia ha sempre guardato quello che Sofia ha, e non quello che le manca, questo le mostra che la vita è un’avventura da vivere a pieno. E che la sua vita, esattamente come quella di chiunque altro, è piena di senso.

di Filippa Dolce

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