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18 GIUGNO, GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO I DISCORSI D’ODIO

18 giugno 2024
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Certo è che una società civile non dovrebbe sentire l’esigenza di dedicare una giornata Internazionale per contrastare i discorsi d’odio, ma tant’è.
E siccome, così come la Bellezza, anche l’odio si dimostra essere contagioso è bene forse appuntare sull’agenda il 18 giugno: Giornata internazionale contro i discorsi d’odio, celebrazione istituita dal 2022 su un tema sancito dalla carta delle Nazioni Unite.

La definizione “incitamento all’odio” raccoglie tutte quelle azioni, espressioni, comportamenti o discorsi, che incitano all’odio, appunto, o addirittura alla violenza, contro individui o gruppi: stranieri, donne, persone di colore, omosessuali, gruppi religiosi, disabili, etc.
Il Consiglio d’Europa nel 2015 dà questa definizione: (…) il linguaggio d’odio deve essere inteso come “l’istigazione, la promozione o l’incitamento alla denigrazione, all’odio o alla diffamazione nei confronti di una persona o di un gruppo di persone, o il fatto di sottoporre a soprusi, molestie, insulti, stereotipi negativi, stigmatizzazione o minacce tale persona o gruppo, e comprende la giustificazione di queste varie forme di espressione, fondata su una serie di motivi quali la ‘razza’, il colore, la lingua, la religione o le convinzioni, la nazionalità o l’origine nazionale o etnica, nonché l’ascendenza, l’età, la disabilità, il sesso, l’identità di genere, l’orientamento sessuale e ogni altra caratteristica o situazione personale”.

Va detto che l’espressione discorsi d’odio o, in inglese hate speech, non è una figura retorica nata da poco. È infatti comparsa all’inizio del secolo scorso a causa della diffusa idea della superiorità di una razza su un’altra che portò, già nel primo ventennio del 1900, a testi legislativi a tutela di alcuni gruppi etnici.
La stessa espressione, con l’avvento di internet, ha trovato però una collocazione assai più ampia per via dell’amplificazione del fenomeno ad opera dei social network.

La domanda è: “Da dove ha origine l’incitamento all’odio nel comportamento umano?”

Uno studio norvegese (Midtbøen, Steen-Johnsen, Thorbjørnsrud 2017) sostiene che l’incitamento all’odio riflette stereotipi negativi, pregiudizi e stigma ed è basato sulla percezione di confini e gerarchie tra gruppi. Questo è costruito su una retorica di esclusione, paura e disprezzo verso individui e gruppi che sono ritenuti diversi, e può essere percepito come un semplice modo di fare. Lo scopo è proteggere ed evidenziare i confini tra i gruppi e ricordare agli “altri” il loro giusto posto nella gerarchia sociale.

Tutto ciò, per dirla con uno studio condotto da Amnesty international, dipende dalla “visione del mondo” individuale che a sua volta è data dalla combinazione di diversi elementi: emozioni, identità, esperienze vissute, valori.

A farne una sintesi semplice, ancora una volta alla base di certi comportamenti vi è la fragilità umana, e dunque la soluzione è lavorare su questa.

Nel suo messaggio per la celebrazione della Giornata del 2023 il Segretario Generale dell’ONU, António Guterres, faceva notare però che:” Le risposte sbagliate e ambigue ai discorsi d’odio – compresi i divieti generalizzati e la chiusura di Internet – possono anche violare i diritti umani limitando la libertà di parola e di espressione. Possono anche mettere a tacere alcuni di coloro che si trovano nella posizione migliore per contrastare le narrazioni di odio: i difensori dei diritti umani e i giornalisti”.

Dunque seguendo questa condivisibile considerazione il lavoro per il contrasto ai discorsi d’odio riguarda anche la comunicazione, cioè la forma che si utilizza per raccontare fatti o per argomentarli. Perché se è vero che esprimere le proprie opinioni è un diritto, è altrettanto vero che il modo in cui questo diritto si esercita può fare la differenza.

Le Nazioni Unite dal canto loro sono impegnate con i governi, le aziende tecnologiche e altri soggetti su un “Codice di condotta volontario per l’integrità delle informazioni sulle piattaforme digitali, volto a ridurre la diffusione di disinformazione e odio”, ma che al contempo tuteli la libertà di espressione.

È evidente che l’investimento sulla promozione di società inclusive e pacifiche e sulla sensibilizzazione dell’opinione pubblica è alla base dell’impegno al contrasto all’hate speech e che questo va agito da governanti, leader religiosi, comunitari e imprenditoriali.
Senza dimenticare però che ciascuno di noi può fare la propria parte partendo dal proprio quotidiano e dalla propria realtà reale o virtuale (utilizzo dei social network).

Può essere utile dunque rileggere ogni tanto il Manifesto della comunicazione non ostile, una carta che raccoglie 10 princìpi di stile per ridurre, arginare e combattere i linguaggi negativi, redatta nel 2016 da Parole O_stili, la prima community online contro la violenza nelle parole.

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di
Filippa Dolce

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