Anche un bastone storto fa camminar diritti
Beda, orfano a sette anni, venne ospitato nell’abbazia benedettina di Jarrow, in Inghilterra. A diciotto anni vestì il saio benedettino. Da allora, condusse una vita organizzata esclusivamente tra la preghiera e il lavoro, secondo lo spirito ereditato dal fondatore: “Ora et Labora”. Il suo impegno nello studio fu tutto dedicato alla gloria di Dio e per l’edificazione degli uomini. L’opera più grande fu il commento alle Sacre Scritture, opera illuminata in cui riuscì, in maniera prodigiosa, a cogliere una lucida panoramica su vari filosofi, poeti, padri e dottori della Chiesa.
Altre sono le opere scritte da Beda, altrettanto rilevanti, compiute con la coscienza di indagare la verità, composte con rettitudine, con sincerità di spirito, con stile semplice. Questa sua speculazione intellettuale gli conquistò, già in vita, il titolo di “Venerabile”. Morì cantando il “Gloria Patri”, magnifica lode al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Domenico Cavalca racconta nella sua storia di san Beda, “il venerabile presbitero”, una leggenda. San Beda era quasi cieco e un suo assistente per scherzare lo portò a predicare davanti a un grosso cumulo di pietre, facendogli credere che fosse una folla di fedeli. Quando il predicatore di Cristo si infervorò e dichiarò con forza: "Queste cose che vi dico sono vere", le pietre risposero in coro: "È veramente così, venerabile padre". Si può proprio dire che la voce della fede commuove anche i cuori delle pietre.