La sua storia inizia con il Calendario di Frate Indovino e con una nonna speciale. “Da bambino andavo da lei e venivo catturato da questo oggetto, quasi magico, che era in cucina. Ricordo che il sottotitolo era il Lunario del Cappuccino (così era negli anni Sessanta). Al pari di una persona vera, quel frate di carta può essere considerato l’incontro che ha fatto fiorire in me la vocazione e non poteva che essere cappuccina!”. Nato a Roma nel 1955, Giovanni Canori è diventato frate non quando avrebbe voluto, da ragazzo, ma in età adulta.
Fra Giovanni, l’8 marzo 2020, il giorno prima che l’Italia diventasse “zona protetta”, ha pronunciato i voti perpetui diventando, a 65 anni, frate minore cappuccino. Da quando aspettava questo momento?
Da sempre! (ride). I miei tempi, e il caso di dirlo, sono stati “biblici”. Ma non è dipeso tutto da me. Non sono una vocazione adulta in senso stretto. Il desiderio di farmi frate mi accompagna da quando, da bambino, mia nonna mi lasciava sfogliare il Calendario di Frate Indovino o mi chiamava per guardare Padre Mariano in TV. Mi diceva: “Ascolta Giovanni! Che diventi più buono”. A 17 avevo già maturato la scelta di farmi frate, ma i miei genitori mi bloccarono.
Furono d’ostacolo alla sua volontà?
Purtroppo, non mi diedero la loro benedizione. Ricordo che mia madre la prese malissimo: avrebbe preferito prete, piuttosto che frate. La spaventava l’idea della povertà. Si opposero con fermezza energica e mi dissero di terminare gli studi, di laurearmi, di trovare un’occupazione e che solo dopo, da adulto realizzato, avrei potuto scegliere. Era comprensibile, così decisi di obbedire: conclusi il liceo, mi laureai in Giurisprudenza. Per diversi anni ebbi modo di lavorare in campo legale. Ma quel desiderio rimase sempre vivo in me: una luce accesa. Alla fine del 1994, avendo mantenuto la mia promessa, andai a bussare al convento di Via Veneto a Roma. Nulla e nessuno poteva più trattenermi. Dopo due tentativi, al terzo finalmente sono stato accolto da padre Rinaldo Cordovani, un frate squisito, con cui poi ho potuto approfondire la figura di Padre Mariano da Torino, il frate che mi incantava in TV.
A cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, il suo desiderio di diventare cappuccino si stava, finalmente, concretizzando. Quali nuovi ostacoli sopraggiunsero?
Ho trascorso anni meravigliosi come postulante, novizio e postnovizio. Ma nel 2004 i miei genitori, ormai soli e malati, hanno iniziato ad aver bisogno di assistenza. Chi poteva prendersi cura di loro? A chi delegare? Toccava a me. L’amore non è forse servire come ci insegna Gesù? Ho messo da parte la mia volontà e per dieci anni sono stato accanto a loro. Mia madre e morta nel 2011, papa qualche anno dopo, nel 2014. Sistemate le ultime cose di famiglia, con la pace nel cuore ho ripreso il cammino interrotto.
Dal 2015 è tornato a vivere in convento?
Sì. Ho ritrovato i tanti fratelli che avevo lasciato. Devo ringraziare il Signore per la misericordia che ha avuto nei miei riguardi. La famiglia dei cappuccini mi ha aiutato a lenire il dolore del lutto e a superare la perdita. Dieci anni di assistenza non sono pochi.
Fra Giovanni, la sua storia dà speranza e ci insegna che non è mai troppo tardi per realizzare un sogno. Alla luce del suo percorso di vita, i tanti anni spesi fuori dal convento come li vede?
Come tempo che ha portato frutto! Vede, in primo luogo hanno rafforzato e nutrito in me il desiderio di farmi frate. La mia non è stata solo un’intuizione fanciullesca, ma una chiamata tenace, che ha resistito alle tempeste. In secondo luogo, avere a che fare per molto tempo con atti, norme e diritto mi ha permesso di capire che la legge dell’uomo non basta alla giustizia. La legge può schiacciare l’uomo, può uccidere la sua umanità. Studiare i Dottori della legge e i Canonisti mi ha permesso di capire ancora meglio alcune cose del Medioevo e del contesto in cui visse san Francesco. E questo me lo ha fatto apprezzare ancor di più!
Domanda di rito che facciamo a tutti i nostri intervistati di Voce Serafica. Dopo più di 50 anni di amicizia e frequentazione, chi è san Francesco per fra Giovanni Canori?
È quello che spinge il pulsante dell’ascensore. Lui mi fa salire in alto!
Tratto da "Voce Serafica", n.6, 2021