Storie dai conventi

Padre Gianfranco Chiti

lunedì 03 febbraio 2025 di fr. Luca Casalicchio
Il “frate militare”

Capitava spesso di essere fermati per le vie di Viterbo da uomini che desideravano salutarci e raccontarci con orgoglio e venerazione di essere stati allievi presso la locale Scuola Allievi Sottoufficiali del colonnello Gianfranco Chiti. Per noi era P. Chiti, il confratello che aveva ristrutturato l’antico convento di Orvieto, il “frate militare” che, proprio in quel convento, aveva fatto issare il pennone per fare ogni giorno l’alzabandiera. Sì, perché il colonnello Gianfranco Chiti, nato cent’anni fa a Gignese (VB) il 6 maggio del 1921, andando in pensione con il grado di generale, si era fatto frate cappuccino (1978) ed era diventato poi anche sacerdote (1982). Il fatto che il colonnello Chiti fosse ora P. Chiti per tutti i suoi ex commilitoni ed allievi era la conseguenza logica di una vita cristiana coerente. Dall’accademia militare alla campagna di Russia, all’insegnamento a Campi Salentina, al servizio nell’esercito e alla vita da frate c’è un costante crescendo ed un approfondimento della fede che si concretizzava nell’impegno quotidiano di vivere il Vangelo.

Ebbe sempre a cuore i suoi subalterni. Cercò di salvarli durante le azioni belliche, di dare degna sepoltura alle loro salme o di portarne a casa almeno il ricordo, come avvenne appunto durante la ritirata in Russia. Quando divenne responsabile della Scuola Allievi Sottoufficiali aveva un’attenzione per tutti, soprattutto per coloro che erano più lontani da casa o poveri. Provvedeva alle loro necessità materiali con tanta discrezione, rivelandosi padre attento. Anche da frate continuò a seguirli come assistente spirituale di alcune loro associazioni. Era particolarmente legato ai Granatieri di Sardegna, corpo di cui aveva fatto parte. Partecipava ai loro raduni e, quando occorreva, alle sfilate, sfoggiando sul saio cappuccino gli alamari e le molte decorazioni ricevute durante il suo lungo servizio nell’esercito italiano.

C’è un bell’episodio accaduto durante il suo servizio in Somalia. Alcuni soldati, contrariamente alle disposizioni date, furono sorpresi ad ascoltare la radio. Essi confessarono al comandante Chiti che avevano ascoltato Pio XII mentre proclamava il dogma dell’Assunta. Egli ne fu edificato e, per “punizione”, fece costruire una cappellina dedicata alla Madonna. E dove passò, lasciò sempre edicole mariane.

Anche ad Orvieto, ultima tappa del suo cammino umano e dove diede il meglio di sé, ne fece costruire una in un viale del bosco conventuale. Questo convento, illustrato nel XVIII secolo dalla permanenza quarantennale di S. Crispino da Viterbo, era ormai abbandonato e diroccato. Era diventato addirittura un luogo in cui si celebravano messe nere. P. Gianfranco Maria Chiti vi fu inviato nel 1990 per ristrutturarlo e ridargli vita. Si fece aiutare dai “suoi” militari e il convento rifiorì. Poiché era assai rigoroso con se stesso dormiva in una delle parti più antiche del convento, in una stanzetta di pochi metri quadrati. In sacrestia c’era un Gesù bambino con vicino le caramelle per i bambini e, in una stanzetta vicino, un tavolino con il caffè sempre pronto e i biscotti per gli ospiti, che salivano al convento.

E poi i poveri. Quelli che passavano di lì occasionalmente, i tossicodipendenti, i singoli o le famiglie che si trovavano in situazioni difficili. Per molti di loro lasciava il caffè pagato al bar lungo la strada sotto il convento e, per alcuni, anche una busta con un’offerta e un’immaginetta della Madonna con allegata la medaglia miracolosa e due parole. Chi ne ha beneficiato ancora si ricorda di questa sua delicata attenzione. A noi frati in formazione, quando inviavamo gli auguri per Natale e Pasqua, rispondeva sempre e disegnava un trenino sulla busta e su ogni vagone poneva il nome di ciascuno di noi. Ed è così che a furor di popolo, potremmo ben dire, è stato portato avanti il percorso previsto dalla Chiesa per riconoscerne la santità. I suoi moltissimi amici ed estimatori hanno avuto così la gioia nel 2019 di partecipare nel duomo di Orvieto alla chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione e al successivo invio del materiale raccolto alla Congregazione per le Cause dei Santi in Vaticano.

Tratto dal supplemento "Voce Serafica", n.5, 2021

Leggi altre storie dai conventi...