Tempo di Quaresima. La preghiera della Chiesa si fa più intensa. Ci è dato un tempo per disseppellire il cielo dentro di noi, per fare spazio al mistero più grande dell’anno liturgico, il Triduo Pasquale. Preghiera, come anche digiuno ed elemosina, sono “compagni di viaggio” che favoriranno una certa agilità di passo, atteggiamento concreto di apertura al mistero insondabile dell’Amore di Dio. Sarà questo Amore il contenuto della preghiera, la sazietà della nostra fame, il dono delle nostre mani. Come inoltre ricorda papa Francesco, nel suo messaggio per questa Quaresima (25 febbraio 2025): «Facciamo questo viaggio insieme. Camminare insieme, essere sinodali, questa è la vocazione della Chiesa. I cristiani sono chiamati a fare strada insieme, mai come viaggiatori solitari. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi». Proprio in questo spirito, suore, frati e fedeli laici della parrocchia di S. Maria Maggiore (Assisi), hanno potuto vivere una vera esperienza di comunione, meditando – come già pure l’anno scorso – le stazioni della via crucis e proponendone lo scorso 7 marzo, primo venerdì di quaresima, una rilettura intonata al tema del Cantico delle Creature, del quale quest’anno si celebrano gli ottocento anni.
La via della croce è una pratica di pietà popolare, molto nota agli ambienti francescani del XVII secolo e che conobbe una straordinaria fortuna, grazie all’opera di propagazione di S. Leonardo da Porto Maurizio, frate minore riformato. Ma le sue radici storiche affondano già nel IV secolo, all’epoca dei primi pellegrinaggi nella Terra Santa. I luoghi del Calvario e del Santo Sepolcro divennero meta di processioni da parte di molti pellegrini. Nel medioevo latino S. Francesco d’ Assisi, con il suo presepe ante litteram, inaugurerà una vera e propria spiritualità dell’immagine, riconoscendo nelle interazioni dei personaggi del presepe delle porte aperte sull’immaginazione dei fedeli, stimolando così la loro capacità di immedesimarsi negli stati d’animo, nei pensieri e nei sentimenti dei protagonisti delle scene sacre. Questo è il senso della via crucis che, benché possa sembrare una manifestazione rétro della religiosità dei più semplici, in realtà dice qualcosa di assai profondo della fede cristiana: la salvezza viene da un Verbo fatto carne, ed è necessario che coinvolga l’uomo intero. L’approccio francescano ai misteri dell’Incarnazione e della Redenzione per mezzo della Croce, abbraccia tutto l’uomo. Immaginazione non è vuota fantasia, ma un dono di Dio per non fermarci sulla superficie delle cose, linea di partenza visibile. Si stacca da lì una corsa per conoscere più intimamente le parole e i gesti del Signore, lasciando che compenetrino anche altri parametri vitali. Il momento storico in cui viviamo sembra particolarmente adatto per ritrovare un’adesione a questa tradizione di preghiera.
Il Cantico si è prestato molto bene a lasciarsi rileggere, di pari passo con le stazioni della via crucis. In ogni stazione, qualcosa echeggiava anche delle creature e delle “condizioni” esistenziali che Francesco ha coinvolto nella lauda di benedizione all’Altissimo cum tucte le sue creature, dalla luce di luna e stelle sull’orto degli ulivi, all’acqua umile e preziosa e casta che ha toccato le mani di Pilato, dal fuoco robustoso et forte, testimone del tradimento di Pietro, alla morte in croce, da allora in poi anche lei sorella nostra (almeno la morte corporale!). E ancora quelli che perdonano, quelli che sostengono le infermità, cirenei e ladroni, fino alla madre terra che ci sostenta e governa. Proprio nel grande calice della terra, infatti, sono cadute le gocce del sangue del Salvatore, che hanno trasformato l’universo (S. Gregorio Nazianzeno).