"“Francesco ricordava ai suoi frati: «La pace che annunziate
con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei
vostri cuori. Non provocate alcuno all’ira o allo scandalo,
ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla
concordia dalla vostra mitezza. Questa è la nostra vocazione:
curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare
gli smarriti. Molti che ci sembrano membra del diavolo,
possono un giorno diventare discepoli di Cristo
»” (FF 1469)".
«Questo saluto mi rivelò il Signore che noi dicessimo: Il Signore
ti dia pace!» (FF 121). La pace: un bene irrinunciabile
che il Poverello di Assisi ha custodito per tutta la vita e, per
quanto possibile, ha cercato di costruire intorno a sé. Dal tempo
della prigionia di Perugia, quando ristabilì la pace tra un cavaliere
altezzoso e gli altri compagni di cattività (FF 584), fino
agli ultimi giorni di vita, quando, ormai gravemente malato, aggiunge
una strofe al Cantico di Frate Sole per indurre il Vescovo
e il Podestà di Assisi a riconciliarsi, Francesco non ha
tralasciato un’occasione per farsi “portatore di pace”. Sono noti
gli episodi della pace ristabilita a Bologna tra famiglie in lite
(FF2252), a Siena (FF 1839) e ad Arezzo (FF 695) tra opposte
fazioni, a Gubbio, episodio di grande valore simbolico raccontato
dai Fioretti, tra i cittadini ed il lupo (FF 1852). Egli apre
quasi tutte le sue lettere con l’augurio della pace, dedica la XV
Ammonizione a questo tema e vuole che l’augurio di pace sia
il saluto abituale dei Frati. Francesco avverte ogni discordia,
ogni contrasto come una lacerazione, qualcosa che lo pone in
profondo disagio, e lo costringe ad intervenire: non facendo
semplicemente da “paciere”, ma ricreando le condizioni spirituali
indispensabili affinché ognuno sappia ritrovare da sé le
vie della pace. Francesco raccomanda di avere la pace nel
cuore, perché non si può dare ciò che non si ha (FF 1469), eliminando
preventivamente tutti gli ostacoli. Un esempio per tutti,
quello che egli dice al riguardo delle ricchezze: «Se noi
avessimo alcune possessioni, sarebbero a noi necessarie le
armi alla defensione nostra. Perché è dalle ricchezze che nascono
questioni e brighe. Suole anche per questo essere impedito
l’amore a Dio e al prossimo in molti modi. E perciò non
vogliamo possedere» (FF 1438).