Cantico delle Creature

Fragilissima onnipotenza

giovedì 03 aprile 2025 di Luca Russo, Comunità Papa Giovanni XXIII Casa famiglia "Fuori le Mura"
"Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke ... sostengo infirmitate e tribulazione."

L’esperienza della fragilità umana segna la storia di tutti, inevitabilmente. Chi di noi non si ritrova in famiglia o addirittura sulla propria pelle una storia di dolore, di sofferenza, “di infirmitate e tribulatione”? come dice Francesco d’Assisi. Eppure, proprio Francesco con una lode imprevedibile e rivoluzionaria, arriva a ringraziare Dio per coloro che portano il peso della carne sofferente e martoriata. Francesco dice una parola nuova sul dolore umano, vede cose che noi non vediamo e nell’infirmitate legge cose che a noi sfuggono.

La persona segnata nel corpo e nella mente dalla sofferenza non è un peso morto della società. Non diventa un corpo muto che non ha più niente da dire al mondo. Nella sofferenza l’uomo tocca il limite dell’esistenza umana, ma allo stesso tempo, proprio perché si sporge sul finire della vita, parla a tu per tu con le cose eterne. È come se il dolore ci facesse affacciare su un parapetto che mentre ci dice che abbiamo toccato il confine della nostra libertà di agire, allo stesso tempo ci consente di lanciare lo sguardo su un orizzonte largo, che mai avremmo immaginato potesse esistere. Le persone sofferenti viaggiano sui confini dell’esistenza, toccano con mano il limite della vita, ma ne cercano il senso ultimo e profondo.

L’uomo nel dolore dialoga con l’Infinito.

Le fattezze umane si disgregano, i muscoli s’infiacchiscono e i corpi sofferenti non sono più solo materia, ma hanno sapore di eternità. I corpi nella tribolazione valicano i confini del tempo e dello spazio, sfondano le barriere culturali e diventano un linguaggio universale, trapassano muri e resistenze, agguantano i cuori più induriti.

Sì, i corpi sofferenti parlano dritti al cuore della gente.

Agnese, Giuseppe, Michele e quanti ancora! Bimbi nati e abbandonati a motivo delle loro sindromi genetiche, rifiutati a causa delle loro malattie neurologiche. Eppure, ancora oggi ci inondano di purezza, invadono le nostre vite con un candore mai conosciuto.

Sembravano un errore della natura, ora mi sono figli. Tutti dicevano che fossero un difetto della genetica, ma io e la mia sposa abbiamo fatto spazio nella nostra camera da letto, abbiamo dato loro il bacio della buonanotte, abbiamo rimboccato le lenzuola e diamo loro tutti i nostri giorni. Sembrava fossero corpi imperfetti, e invece noi li amiamo così come sono. All’apparenza imperfezione umana, allo sguardo del cuore perfette creature.

Una potenza inaudita si nasconde nella fragilità dei corpi dolorosi, così come la fragilissima onnipotenza che si spande dalla croce di Dio. Dal trono del dolore si sparge salvezza.

Abbraccio la storia dolorosa dei miei figli abbandonati dalle loro mamme e che ora portano il mio cognome, faccio mia la loro croce, come Francesco abbracciò il lebbroso e fece sua la lebbra che non gli apparteneva.

E m’inzuppo di Eternità.

Ecco cosa vedeva Francesco: nelle sembianze umane trasfigurate dalla tribolazione, l’immagine più viva del suo Creatore. Laudato sii, ancora e sempre.