Storie dalle missioni

Dal nord del Benin al cuore del mondo

mercoledì 16 aprile 2025 di Filippa Dolce
Una Missione per salvare i bambini "dimenticati"

Nel cuore del nord del Benin, tra villaggi dispersi e antiche superstizioni, c’è una Missione nata dal coraggio di ascoltare, accogliere e, soprattutto, non arrendersi, che raccoglie vite spezzate e scrive pagine di speranza. In questo angolo del mondo Fratel Auguste Agounkpé da diciotto anni lotta contro il pregiudizio e l'abbandono, e ci racconta il suo cammino di fede e di amore verso i bambini più soli e vulnerabili. Qui lavora con i bambini in situazioni difficili dal 2007. Con il tempo, e grazie a un impegno costante, la sua Missione si è trasformata in una vera e propria ONG che oggi riunisce l’intera famiglia francescana del Benin.

Tutto è cominciato con un invito da parte di Franciscans International, nel 2007, a partecipare a Ginevra a una formazione sulle nuove forme di schiavitù. In quell’occasione, insieme a Fratel Auguste, era presente anche suor Madeleine Koty, francescana e figlia spirituale di Padre Pio.

Fu l’inizio di un cammino di consapevolezza e impegno. Nel 2012, l’organizzazione guidata da Fratel Auguste ha promosso un forum nazionale che ha coinvolto autorità civili, capi tradizionali e ONG. Da quel momento hanno preso il via le prime campagne di sensibilizzazione nei villaggi della regione di Kérou, segnando un punto di svolta nella lotta contro l’infanticidio rituale e la difesa della vita dei bambini.

La sua testimonianza, raccolta con commozione per i lettori di Frate Indovino, è un invito ad aprire gli occhi su una tragedia silenziosa, e al tempo stesso un inno alla vita che vince, al bene che resiste, alla speranza che si costruisce giorno per giorno.

Riportiamo integralmente l’intervista, perché ogni parola è una preghiera che chiede ascolto, ogni frase è una carezza che racconta la dignità restituita.

Come è nata la Missione, e poi l’idea di salvare i bambini detti “stregoni”?

La missione dei cappuccini è nata su invito di Monsignor Martin Ajdou, vescovo di N’Dali. Sentiva il bisogno di avere una presenza cappuccina nella sua diocesi, e così la sua lettera arrivò al nostro Ministro Provinciale. Accettammo l’invito, e fui scelto insieme a Fratel Giansante Lenti, un italiano, per iniziare la missione nel nord del paese.

Dopo la formazione sulle forme moderne di schiavitù, nel 2007 a Ginevra, presentammo la questione dei bambini detti “stregoni” durante l’Esame Periodico Universale (EPU) delle Nazioni Unite, a marzo 2008. Questo ha attirato l’attenzione della comunità internazionale su questo fenomeno.

Con il sostegno di alcuni partner, la Famiglia Francescana ha organizzato lo stesso anno un Forum Nazionale sul tema dell’infanticidio rituale. Questo evento ha segnato la nascita di una sinergia tra gli istituti e le congregazioni francescane del Benin, uniti nella difesa dei bambini senza voce.

Nel 2009, grazie a una nuova formazione a Strasburgo, sostenuta anche dall’ambasciata di Francia, la conoscenza dei meccanismi dei diritti umani dell’ONU si è diffusa all’interno della famiglia francescana.

Il primo progetto concreto fu proprio l’organizzazione del Forum Nazionale del 28 e 29 marzo 2012, sul “diritto alla vita dei bambini detti stregoni”. Nonostante la mancanza di esperienza e di fondi, con determinazione riuscimmo a realizzarlo. Questo ha attirato il sostegno di istituzioni nazionali e internazionali, come l’UNICEF, l’Ambasciata di Francia e il Mediatore della Repubblica.

I bambini di cui vi occupate vengono allontanati dalla comunità?

Sì. L’infanticidio rituale consiste nell’eliminazione di ogni bambino nato in condizioni ritenute “non conformi”, viste come presagi negativi, maledizioni o segni di stregoneria. La loro sopravvivenza è ritenuta un pericolo per la famiglia o per la comunità.

Secondo padre Bio Sanou, presidente dell’ONG Espoir Contre l’Infanticide, si tratta di una condanna a morte per neonati nati in condizioni ritenute dannose alla pace o alla prosperità della comunità. È una pratica diffusa soprattutto tra le etnie Bariba, Boo e Peulh, nel nord del Benin.

Chi viene considerato “bambino stregone”?

Quei bambini che nascono di natiche, piedi o faccia a terra, quelli che nascono con denti visibili o malformazioni, chi nasce prematuro, i bambini che mettono i primi denti a otto mesi o dalla mascella superiore o ancora, quei bambini la cui madre muore durante il parto.

Quanti bambini ospitate attualmente?

Abbiamo costruito un centro a Parakou, chiamato “Maison de la Paix Saint François d’Assise” (Casa della Pace San Francesco D’Assisi) situato nel distretto di Tourou. È stato inaugurato il 6 febbraio 2025. Attualmente accogliamo 22 bambini. Non tutti sono considerati “stregoni”: ci sono anche bambini di strada e bambini con disabilità. Per questo parliamo più in generale di “bambini in situazione difficile”.

C’è un episodio, tra le tante storie tragiche a cui ha assistito Fratel Auguste che lo ha segnato particolarmente

Una bambina di 9 anni, nata con i denti che spuntavano prima dalla mascella superiore: un segno considerato nefasto per i Bariba. Quando la madre notò i denti, chiese al marito il permesso di andare dalla propria madre, come previsto dalla cultura locale. Tornò solo dopo che i denti erano spuntati completamente.

Qualche tempo dopo, il marito si accorse che qualcosa non andava in famiglia. Sospettava che la moglie gli avesse nascosto il modo in cui erano cresciuti i denti della bambina. Dopo pressioni sempre più forti, la madre confessò. Il padre, deciso a uccidere la bambina, mise del veleno nel suo cibo.

La madre, rifiutandosi di somministrarlo, fu picchiata davanti alla figlia. La bambina fu profondamente traumatizzata. Quando venimmo a sapere tutto, io e il parroco andammo a prenderla. Il padre ci diede una borsa con una maglietta e ci disse: "Portatela lontano, se la incontro la uccido".

La affidammo alle suore del collegio diocesano di Ouénou. Non aveva mai frequentato la scuola: la iscrivemmo e si rivelò brillante, diventando la prima della classe. Durante le vacanze la portammo a Cotonou, nel sud. Si rifiutò di tornare al nord, così la trattenemmo lì. Fu poi adottata da una famiglia, si diplomò e ora lavora in proprio. Mi chiama ancora “Papà”. Due mesi fa è venuta a trovarmi con il suo fidanzato. Mi hanno chiesto la benedizione per la loro relazione. Ho dato loro dei consigli, li stiamo accompagnando fino al matrimonio.

Quali sono le principali difficoltà che incontrate nel quotidiano?

Le incomprensioni all’interno della mia comunità. All’inizio, il mio superiore non capiva il progetto. Non fui sostenuto, anzi, scoraggiato. Ma non so dove trovai la forza. Andai avanti, sfidando ogni ostacolo. Alla fine, anche i miei superiori hanno compreso il valore di ciò che stavamo facendo e si sono uniti al progetto.

Se avessi disobbedito, forse Dio avrebbe mandato qualcun altro. Ma io ho obbedito, e insieme abbiamo salvato dei bambini.

Fratel Auguste Agounkpé

Cosa manca oggi per migliorare il vostro servizio?

C’è sempre qualcosa da migliorare. I tedeschi ci hanno aiutato a costruire la casa, ma non si sono impegnati nel sostenere i costi quotidiani: cibo, salute, istruzione, stipendi del personale. È per questo che sono venuto in Europa: per incontrare altri partner e chiedere il loro sostegno. Ma non ho paura: è Dio che mi ha indicato questa strada, e sarà Lui a guidarmi.

Il sogno di Fratel Auguste per questi bambini e per la Missione, è un sogno semplice, fatto di piccole cose che spesso, chi non è costretto ad affrontare certi drammi, dà per scontate…

Vorrei che questi bambini potessero costruirsi un futuro, formare famiglie, essere felici e responsabili. Che diventassero testimoni del cambiamento.

Attraverso il vostro operato siete riusciti a cambiare qualcosa nella cultura locale?

Stiamo cercando di farlo. Ogni anno organizziamo campagne di sensibilizzazione nei villaggi colpiti da queste credenze. Incontriamo sindaci, autorità locali, capi villaggio, mariti e mogli. Una levatrice spiega cosa accade nel corpo della donna durante la gravidanza e il parto. Le donne del nord lavorano nei campi anche in gravidanza, rischiano di perdere il liquido amniotico… spiegare tutto questo aiuta a comprendere che il bambino non è mai colpevole.

…L’infanticidio rituale è una realtà, ma verrà sconfitto. Non ci arrenderemo. Continueremo a combattere questa mentalità finché non sarà completamente eliminata.

Cosa direbbe oggi San Francesco, se camminasse accanto a noi?

Francesco è sempre stato dalla parte degli ultimi, dei poveri, degli scartati. Sarebbe felice, immensamente felice, di vedere che noi, suoi figli, continuiamo il suo cammino. Anche chi viene rifiutato dalla società resta figlio suo. Siamo tutti figli di Francesco.

E cosa significa davvero essere missionario?

Quando sono partito ero giovane, e all’inizio non ne ero felice. Ma ho detto sì. E quel sì ha cambiato tutto. Ho ricevuto la grazia di Dio e ho compreso che era proprio lì che il Signore mi aspettava. Se avessi rifiutato, forse avrebbe scelto qualcun altro, ma io ho obbedito. E grazie a quell’obbedienza, abbiamo salvato dei bambini. Ne abbiamo salvati, e continueremo a farlo.

Poi Fratel Auguste si ferma un istante, sorride e aggiunge:
Ma anche voi, con il vostro lavoro, date un contributo prezioso. Ogni volta che raccontate la nostra storia, che accendete una luce su questa missione, ci aiutate a tenere viva la speranza. Che il Signore benedica voi, le vostre famiglie, i vostri cari, e vi accompagni in tutto ciò che fate.

Mentre il mondo si muove spesso distratto, Fr Auguste e i suoi fratelli testimoniano una presenza silenziosa e tenace, che ogni giorno restituisce dignità e sogni a chi sembrava condannato a non averne. E ci insegna che la solidarietà non è un gesto straordinario, ma uno stile di vita che si costruisce, giorno dopo giorno, là dove il bisogno chiama e il cuore risponde.