Un luogo di fraternità rispetto e fiducia
Mons. Maffeis, ci racconti qualcosa di lei…
Sono cresciuto in una famiglia numerosa: dovessi dire di me, dovrei parlare di mia madre, dei miei fratelli, delle mie sorelle. Di mio padre, falegname: sapeva seminare in noi parole discrete, lavorate con l’intarsio della saggezza artigiana. In sua compagnia non mi sono mai accorto che piovesse; e, comunque, non era la cosa più importante. Con la pazienza e la fedeltà del suo esserci, mi ha permesso di riconoscere che più su è sereno, che c’è una speranza più grande delle difficoltà, che la strada non smette di raccontare nuove canzoni. Mi ha insegnato il valore di uno zaino leggero, lo stupore della neve che ridisegna ogni cosa, l’attesa della primavera, custode di nuove partenze. Rispetto a lui sono rimasto un ripetente, ma sento che la ragione è dalla sua: nel suo essere guida facendosi secondo, nel farmi sentire a casa dove c’è famiglia, nel testimoniarmi che si cresce nella misura in cui si accetta la responsabilità delle persone che la vita ha legato alla tua corda.
Quando è arrivato a Perugia, che realtà ha trovato?
Nonostante raccogliessi un’eredità impegnativa – quella del Card. Bassetti –, mi sono sentito accolto dalla Chiesa e dalla stessa Città. Nel travaglio di questo tempo, le nostre parrocchie sono case aperte, luogo di ricerca di senso.
Qual è l’Opera segno o il luogo in cui più identifica lo stile del suo mandato?
Mi interroga quotidianamente l’esperienza della fragilità: nell’incontro con la sofferenza, con il limite e la stessa morte avverto un richiamo a non sciupare tempo ed energie, ad abbracciare scelte di sobrietà e a condividere una speranza che non viene meno.
La prima volta che è venuto alla mensa “don Gualtiero” era il giorno del suo arrivo. Ci può raccontare cosa rappresenta per lei la nostra mensa?
Chi frequenta la mensa della nostra Caritas sa che è luogo della fraternità, dove non ci sono innanzitutto operatori e ospiti, ma persone che, insieme con il pane, spezzano preoccupazioni e attese; dove ci si accoglie reciprocamente con rispetto e fiducia.
Se diventasse “chef per un giorno” alla mensa, cosa cucinerebbe?
Forse proprio il pane: per ciò che rappresenta, per il profumo di vita che porta con sé.
Pensa che un’esperienza come quella che ci vede collaborare con le Edizioni Frate Indovino vada incoraggiata e accompagnata?
La comunità vive di una rete di relazioni, dove le disponibilità e le competenze di ciascuno sono una ricchezza per tutti. Frate Indovino è parte integrante di questa storia.
tratto da "Voce Serafica", n.3, 2025