Fare volontariato per vivere più tempo con gli ultimi
Eugenio, raccontaci in breve chi sei?
Mi chiamo Eugenio Mantovani, sono nato nell’anno 1940 da una famiglia “splendida” e piena di sani principi trasmessi a me e a mio fratello, con autorevolezza e amore. Abitavamo in campagna a Borghetto di Prepo (Perugia), in una casa che aveva un grande giardino con al suo interno una piccola chiesa. In questo contesto ho avuto il primo incontro con i poveri: mi ricordo che spesso bussavano alla porta chiedendo un pezzo di pane e mia madre preparava del cibo per loro ma voleva che fossimo io e mio fratello a portarglielo, inoltre, una volta al mese passava un frate con una bisaccia che raccoglieva la questua per il mantenimento delle persone bisognose che bussavano al loro convento. La mia vita trascorreva tra lo studio e le giornate immerso nella natura, partecipavo alle varie attività agricole con i contadini, con gli amici delle poche case vicine, tra cui don Ignazio. La natura è stata sempre la mia passione, insieme agli animali. Ricordo con tanto amore le giornate passate in parrocchia a Prepo o da don Gervasio a giocare. Posso dire di aver avuto una vita intensa e variegata, una vita che mi ha sorpreso mille volte e che ancora mi sorprende.
Cosa hai fatto nella vita?
Dopo gli studi, iniziai a lavorare in banca, ma appena entrato chiesi subito al direttore a che età si andava in pensione perché faticavo ad adattarmi alle tante regole interne, che mi stavano strette e mal si adeguavano al mio vivere fuori dalle righe. Ma in fin dei conti, ho trovato il bello in quel lavoro, il bello di lavorare con tanti altri colleghi che mi hanno accompagnato per una vita e che ho poi ritrovato anche in Caritas. Oltre alla famiglia, al lavoro e alla natura la mia altra passione è stata la musica, suonavo la batteria con molte band perugine e ho corso in macchina gare in pista e in salita, passione trasmessami dal mio babbo. Dopodiché fui chiamato dalla Federazione Automobilistica Italiana a partecipare ad un corso di Commissario Tecnico Nazionale che superai e diventai membro fino a ottenere l’abilitazione a operare in gare internazionali per la FIA. Mi sono sposato e ho avuto un figlio, Matteo (che ora ha 50anni), e due nipoti. Mia moglie è morta quando Matteo aveva 15 anni. Dopo molti anni, mi fu proposto, dalla società in cui lavoravo, di partecipare ad un corso per diventare risk manager (gestore del rischio). Accettai volentieri, è un lavoro che ho svolto per tanti anni e in tante banche in tutta Italia. Nel tempo libero mi occupavo anche di piccole aziende agricole di proprietà e così ho potuto continuare a coltivare la mia passione per la natura. Nel 2023 ho sposato Rita e con lei condivido questo tratto importante della mia vita.
Da quando sei volontario e di che cosa ti occupi?
Ormai da dieci anni. Svolgo servizio presso la Caritas Parrocchiale di Sant’Antonio di Padova, negli ultimi cinque anni come responsabile del Centro d’Ascolto. Ci occupiamo prima di tutto di accogliere le persone e poi di raccogliere e distribuire vestiario e tutto ciò che può servire alle famiglie e persone che ne hanno necessità: abiti, scarpe, oggetti casalinghi e mobili. Nel 2023 abbiamo incontrato e aiutato quasi 2800 persone. Io mi occupo anche dell’organizzazione interna dei volontari, dei rapporti con le strutture della Caritas Diocesana e della raccolta dei farmaci non scaduti presso le AFAS (farmacie comunali) e di presidi e ausili sanitari, da inviare ai missionari in Amazzonia. Questo servizio, iniziato per poche ore, attualmente è diventato un “sempre”, un sì continuo che mi inonda di amore e simpatia. Certamente lo spirito francescano e la preghiera sono stati fondamentali e lo sono attualmente poiché mi hanno consentito di completare il servizio in Caritas e di intraprendere anche il servizio alla mensa“don Gualtiero”.
Com’è nata la scelta di iniziare il servizio alla mensa “don Gualtiero”?
Mi sono avvicinato al progetto “don Gualtiero” perché mia moglie Rita è una delle volontarie e si occupa, insieme ad altre cinque persone, di coordinare il servizio mensa. Provo a dare il mio contributo di competenze organizzative unite alla conoscenza personale dei poveri che la frequentano. Così facendo posso vivere più tempo con gli ultimi, cercando anche di gioire con loro, ascoltando le loro storie e desideri, i pentimenti e imparare così a stare accanto e a sostenerli per ciò che realmente gli occorre e non per ciò che voglio io.
Come ha influito la tua appartenenza all’Ordine Francescano Secolare (OFS) nella scelta del Servizio?
Dentro di me ritornava sempre il pensiero francescano, ereditato dai miei familiari e all’epoca del pensionamento è stato il Signore Dio a indicarmi la nuova vita che dovevo vivere e la strada che mi ha portato alla Fraternità Francescana di Farneto dei Frati Minori di cui ancora faccio parte come terziario. La regola francescana del servire e non essere servito e l’esempio del Padre Serafico di baciare i lebbrosi, i piccoli, gli ultimi, dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo, la perfetta letizia, sono i punti cardine della mia vita e del mio servizio; infatti, ho promesso di viverli in forma perpetua di fronte alla Chiesa nel 2012. Lo faccio giorno per giorno, persona per persona in un continuo mettermi a disposizione dell’altro.
tratto da "Voce Serafica", n.1, 2025