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Frate Indovino

Voce Serafica Assisi

Orizzonti possibili di umanità

22 marzo 2024
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Quando guardiamo al modo con cui Francesco ha vissuto la propria umanità – come e perché ha gioito, ha attraversato le sofferenze, si è rapportato, ha sperato, amato, immaginato e creduto – non possiamo non cogliere la verità e la portata dell’intuizione di s. Bonaventura che lo descriveva come trasformato «nell’immagine stessa dell’amato» (FF 1228). Il suo modo di “condurre” ed esprimere la propria umanità, infatti, non solo s’ispirava a quella del Signore e la imitava, ma la richiamava alla mente e agli occhi di chi lo incontrava, tanto da “avvicinare” Gesù agli uomini, renderlo presente, ripresentarlo. Così Bonaventura all’inizio della sua biografia: «Ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimonianza di quel sigillo che lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo crocifisso, sigillo che fu impresso nel suo corpo non dall’opera della natura o dall’abilità dell’arte, ma piuttosto dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo» (FF 1022). L’opera dello Spirito – in Francesco come in ognuno che viva il Vangelo – è, infatti, tesa a trasformare ogni tratto dell’umanità liberandola da illusioni, in modo che ognuno trovi la sua autentica voce per dire a Dio “Padre”, e con tutti “Padre nostro”.

Seguendo il racconto dei biografi, dettagliato nei diversi passaggi di conversione di Francesco, ci rendiamo conto che il dono delle stimmate, come non gli è improvvisamente piovuto addosso, così non l’ha reso super-umano rispetto ad altri anzi, ne ha confermata l’umanità manifestandone l’altissima dignità e vocazione, come dirà molti secoli dopo il Vaticano II a proposito dell’inviolabile valore e libertà di ogni essere umano: «Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo» (GS 41). Il dono delle stimmate è stato, appunto, il frutto – forse segretamente desiderato, ma certamente inaspettato – di quel lento processo di maturazione e radicamento nella fede che siamo soliti chiamare cristificazione o cristoformità. Quando, infatti, Tommaso da Celano dice che Francesco era un “uomo trasformato in preghiera” (cfr. FF 682), esprime tutta l’intimità e la confidenza del santo con il suo Signore, così tanto che in lui la fede si era liberata, come da un fardello, dell’idolo di una fantomatica perfezione da difendere o raggiungere, per manifestarsi come vera e propria radice di umanità. A questo, mi pare, alluda il biografo quando, avendo ascoltato le testimonianze dei frati, dice di Francesco che «era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra» (FF 522). Non è tanto un’immagine di santo idealizzata e devota, ma la testimonianza di un’umanità permeata di Vangelo e perciò davvero umana. In quest’ottica possiamo parlare delle stimmate di Francesco come di una finestra sugli orizzonti della (nostra) umanità, per scoprire delle possibili vie o pratiche di umanità evangelica che riguardano tutti e sono alla portata di tutti.

Da Francesco di Assisi e l'amore di Dio
Le stimmate a La Verna



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