AGOSTO- Il fico sterile
La virtù della pazienza
L’etimologia della parola pazienza ci riconduce al latino “pati” (sopportare, soffrire, tollerare). La pazienza è perciò l’atteggiamento proprio di chi accetta con animo sereno il dolore, le difficoltà, le avversità. Nessuno nasce dotato di pazienza, ma tutti possono imparare a diventare pazienti. La pazienza, come quella esercitata dai genitori di un neonato, è legata all’amore per la vita. Quello che rende la pazienza virtuosa è infatti legato allo scopo per il quale la si esercita.
La Scrittura attesta che la pazienza è anzitutto prerogativa divina: Dio è paziente! La pazienza del Dio biblico si esprime al meglio nel fatto che Egli dona sempre all’uomo un tempo (kairós) per arrivare alla conversione. Perciò parlare di pazienza è parlare anche di un tempo di prova attraverso cui siamo chiamati a passare nel nostro cammino esistenziale. Ecco perché spesso la pazienza è stata definita dai Padri della Chiesa come la summa virtus: essa è essenziale alla fede, alla speranza e alla carità.
La pazienza non è una virtù molto amata al giorno d’oggi, viene infatti associata con la fatica, la noia, la ripetitività, la passività. Spesso ci si sente costretti a esercitarla contro voglia. La pazienza è stata definita una virtù del quotidiano. Senza di essa i rapporti di coppia, di famiglia, di lavoro, rischiano di degenerare. La mancanza di pazienza infatti alimenta l’insofferenza e la critica dei difetti e dei limiti degli altri e propone molto facilmente e rapidamente la rottura come l’unica soluzione dei problemi. Ma, esercitata giorno dopo giorno, la pazienza diventa una grande risorsa e un alleato prezioso per custodire la pace del cuore.