Facciamo ancora un passo ed entriamo in un altro ambito, indispensabile alla nostra esistenza, dal quale emerge in modo inequivocabile il bisogno che abbiamo degli altri e la misura della nostra interdipendenza: l’ambiente in cui viviamo è la nostra “casa comune”. In questo ambiente ci sono delle risorse non illimitate, ma che devono servire alla sussistenza di tutti. Il problema “ecologico” è emerso in modo sempre più incalzante con l’accelerazione imprevista del progresso tecnico-industriale. È stato come un risveglio delle coscienze che ha fatto capire come “il futuro del creato è il futuro dell’umanità”. Considerando che l’unica esistenza intelligente e responsabile, in questa “casa comune”, è l’uomo, è subito chiaro a chi spetta il ruolo di custode e valorizzatore del patrimonio di tutti. Innanzitutto ci si deve sbarazzare dell’idea di poter gestire questo “patrimonio” ispirati a criteri di dominio e di sfruttamento. Ogni idea di gestione egoistica o predatoria dell’ambiente è irresponsabile e da bandire. I problemi legati alla vivibilità dell’ambiente sono divenuti ormai così urgenti che sono emersi all’attenzione di tutti, e devono costituire un problema etico-morale che impegni l’intera comunità internazionale. A questa spetta infatti il compito di fare le scelte necessarie e condivise, ispirate al rispetto dell’ecosistema e, insieme, della persona umana e della sua dignità. Così la posizione dell’uomo nell’ecosistema sarà quella prefigurata dalla Bibbia: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo lavorasse e lo custodisse”(Gen 2,15).